La Costituzione italiana, quella vera, spesso definita “formale” per distinguerla da una presunta “Costituzione materiale” è una delle cose migliori che il mondo politico italiano abbia prodotto almeno dal 1946 ad oggi, ma potrei estendere la valutazione a tutti i 150 anni di esistenza dello Stato italiano.
Naturalmente come tutte le cose si può cambiare, ed essa stessa prevede questa possibilità che è stata anche più volte utilizzata, ma non nei suoi principi e non conviene cambiarne lo spirito. Non è per voler essere conservatore che sto in guardia ogni qualvolta sento parlare o leggo di modifiche alla Costituzione; il fatto è che dietro le richieste di modifiche c’è quasi sempre l’idea che si possa risolvere qualche problema contingente cambiando la Costituzione o peggio qualche problema che riguarda solo qualcuno, di solito non un comune cittadino. Ma a pensarci bene non si tratta di qualcuno, ma di uno soltanto, sempre lo stesso.
Si è perfino pensato che cambiando un certo articolo, che racchiudendo in se lo spirito della Costituzione è considerato “ideologico”, si possa favorire la crescita economica. E temo che a nulla valga l’osservazione che quando l’Italia cresceva quell’articolo era già presente.
C’è anche da dire che siamo forse in presenza della peggiore classe politica di sempre e le riforme costituzionali vengono spesso messe “in agenda” per distogliere l’attenzione dalle defaillance dei protagonisti della vita politica.
Però un paio di questioni che richiedono qualche modifica della Costituzione e che sono pronto a sostenere esistono. Una riguarda la riduzione del numero dei parlamentari e la differenziazione delle funzioni delle due camere. Mi piace questa idea e non tanto per il risparmio di denaro che ne deriverebbe, quanto per il fatto che sono convinto che migliorerebbe la qualità e la funzionalità del Parlamento. Inoltre se davvero abbiamo fatto il federalismo (ma lo abbiamo fatto?) il Senato dovrebbe diventare la Camera delle regioni. (Confesso sottovoce che non mi dispiace nemmeno una camera dei Lord o dei Pari: scherzo naturalmente).
Un’altra questione è quella antica della governabilità, che tradotta in termini più concreti significa maggiore separazione dei poteri fra l’esecutivo e il legislativo. Con il parlamento che esercita una autentica funzione di controllo sul governo mentre questo può governare almeno l’ordinaria amministrazione senza dover sempre avere la fiducia del Parlamento. Di solito si raggiunge questo scopo con una repubblica presidenziale o semi presidenziale. Anche una nuova legge elettorale potrebbe richiedere una piccola modifica della Costituzione, in particolare se si dovesse scegliere il modello tedesco.
Questo è un tracciato tuttavia ricco di asperità e trabocchetti; un lavoro da affidare a persone di sicura affidabilità democratica e onestà intellettuale oltre che molto competenti. Comunque non mentre incombe ancora Berlusconi.
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