Buongiorno a tutti! Vorrei condividere con voi questa bellissima nota (tanto realistica quanto crudele) di Diego Cugia, pubblicata ieri alle 8.55 sulla sua fan page in facebook, nonchè qui:
http://movimentodegliinvisibili.it/mio-fratello-sfreccia-nella-storia/ Grazie!

Sere fa, fratello mio che voti Berlusconi, ho parcheggiato la mia mente sul Tg4. Non sorridere, te ne prego, con quell’arietta da italiano turbo, di fronte a un vecchio diesel di sinistra. I tuoi occhietti arguti minimizzano: «Ancora con Emilio Fede? Ma è il nostro clown! Estrai qualcosa di meglio dal tuo cilindro di prestigiatore comunista!» Sono stanco di ripeterti che non sono mai stato comunista. Ma ti confesso una mia debolezza: anzi, quasi mi scappa, sai, di fronte al tuo pensiero greve, il rimpianto per non esserlo stato. Non Praga, non i gulag, non Mao e neanche Fidel Castro. Io parlo di un ideale. Dovunque il comunismo ha pianificato il proprio sogno, ha ucciso la libertà, lo so bene e lo sapevo da prima. E io (non per merito, semplicemente per indole) non sto con gli assassini, con i regimi totalitari e con i padri-padroni. Ma oggi, proprio oggi che il comunismo è una disprezzata parolaccia, oso dirti che quella lì, fratello mio, era ed è una parola cristiana, era ed è un’ idea civile e moderna: diminuirsi un poco ciascuno per permettere che crescano tutti. Basta andare all’Avana nel quartiere “Parioli” dei fedelissimi di Castro per apprezzare l’amarezza del tradimento di una parola. Al potere, i comunisti diventano “esclusivi”, conservatori puri, padroni. Adesso rifletti tu, però, fratello che voti Pdl: se mi dai del “comunista” solo perché dissento da come state imbarbarendo il Paese, non sarà che il comunista, oggi, sei tu?
Comunista di destra. D’altronde, non lo dico io, ma il vostro leader che siete voi i “veri rivoluzionari”. Quando un consesso di conservatori incalliti, in adorazione del proprio leader maximo, si definisce “rivoluzionario”, siamo agli albori della dittatura moderna, e “1984” di Orwell o la sua “Fattoria degli animali”, in confronto a voi, sono fumetti.
Sbadigli, ti stai annoiando, lo so: «Le tue solite pippe morali». Se tu e io fossimo stati fratelli, non oggi, ma nel 1938 in Germania, e ci fossimo trovati a bere un tè in una sala di Berlino, due ore prima della “Notte dei cristalli”, avresti usato, dopo, più o meno le stesse parole. Probabilmente in buona fede. Le 267 sinagoghe rase al suolo, i 2500 negozi bruciati o devastati, avrebbero suscitato anche in te qualche apprensione, sicuro. Li avresti definiti “eccessi”. “Esuberanze della marmaglia”. Ma avresti salvato l’idea “nobile” che c’era dietro. Infine avresti concluso con una battuta e una sgomitata: «E su, tu sei ariano, che te ne fotte, in fondo, degli ebrei?» Avresti avuto il cancro delle SS senza saperlo.
Siamo sempre i soliti: fratelli. Voi vi infervorate e noi paghiamo. Finché la democrazia non si avvita e impazzisce un’altra volta. E salta fuori l’ennesimo omino del “Ghe pensi mi”. Noi diciamo, presuntuosi e sprezzanti «Dai, è ridicolo!» Ma lui non lo crede affatto di essere ridicolo, e voi neppure, anzi lo considerate un essere superiore, perché la democrazia stanca, scontenta, si corrompe, è pluralista, mentre un Capo solo semplifica, e così diventate spaventosamente convinti di essere savi e giusti, e ci sbirciate con quegli occhietti lì, da volpi (così ingenue ma così prepotenti!), scrollate la testa con commiserazione e, pian piano, odio. E qui stiamo, oggi in Italia, a questo grave punto. Ogni tanto qualche giornalista viene tacitato e licenziato, qualche paletto della democrazia divelto, qualche magistrato trasferito, qualche corrotto eletto fra i Giusti, con qualche mafioso, magari un “eroe”. La natura, intanto, fa impietosamente il suo corso: Tonino Caponnetto è morto, così Montanelli, i grandi vecchi se ne vanno, i revisionisti storici sbianchettano, e i nostri giovani nascono in questa sozzura livellatrice, in questo porcaio televisivo, concepito per farne dei piccoli schiavi. E se dovesse mancare Berlusconi, dio non voglia, allora sarebbero guai seri, perché chi lo sostituirà non sarà tanto fesso da raccontarci barzellette, né così narcisista da provocare danni gravi, ma ancora contenuti. Perché Berlusconi sogna se stesso. Il successore no, sognerà noi, quello è l'incubo mio. E dato che il Pdl tenderà a sgretolarsi, sarà giocoforza rimpolparlo col cemento armato. Faccio ridere? Un po' sì, forse anche tanto, lo so bene. Anzi, frate', scusami la digressione, hai ragione, quando mi viene “l’aria da profeta” faccio ridere i polli; ma tu non mi stai già ascoltando più.
Emilio Fede, dicevo, l’altra sera. Lui, il direttore di un TG nazionale, ha in studio il Bonaiuti, l’omino debole dell’omino forte. Bonaiuti, il porta a portavoce, il Vespa de'noantri. Naturalmente gongolavano sui successi della Fiera di Roma, sembravano Bibì e Bibò, due sfavillanti cialtroni sul carro dei vincitori. E fin qui…ne abbiamo viste di peggio.
A un certo punto, però, arriva un’Ansa, una dichiarazione di Di Pietro. Per carità, la solita minestra antagonista, tre righe in cui dava a Berlusconi del dittatorello o giù di lì. Di Pietro non è il Guicciardini, ma è comunque un parlamentare e il segretario di un partito che, stando ai sondaggi, sfiora quasi il 10% dei consensi. E il direttore del Tg 4, con la sua mimica da cantimbanco, che fa? Da’ una scorsa alla dichiarazione e la definisce -cito a memoria- “le solite scempiaggini”. Alché l’altro, il tronfio portaaportavoce del “Premier”, obietta: «Ma no, ma no, leggila, così io replico!» E l’Emilio, di rimando, gettando via la velina: «A una scempiaggine? Perché mai? Replicheresti con un’altra scempiaggine, parliamo di cose serie, piuttosto, eh-eh…» E si sono rituffati, gongolanti, nell’elencazione dei meriti del Capo. Ecco, questo è precisamente l’inizio di una dittatura, fratello mio, (se la parola non ti piace, inventatene un sinonimo: ma sempre di assolutismo, dispotismo e prepotenza, stiamo parlando.)
Lo sapevo, ora ti ergi con quel fervore così infantile, così immemore della Storia (ma come fate a farvi il lifting anche al Dna di un italiano, che pure tante ne abbiamo viste?) e mi insulti: la televisione in mano “vostra” ("mia" poi, che m’hanno tagliato fuori da due anni, compresa la sinistra e compreso da l’Unità, figurati!) Ma tu non mi ascolti, e giù con il TG3 “rosso”, con la cultura in mano ai “sinistri”, e mi sciorini tutto il rosario dell’omino. Così ci ricasco. Mi lascio coinvolgere nel gioco delle parti. Sono costretto a replicare con una notizia fresca-fresca. Ieri, a Palazzo Grazioli (ripeto, fratello, Palazzo Grazioli) Berlusconi ha tenuto un vertice sulle nomine alla Rai. Lui, il proprietario di Mediaset. “Il partito del presidente del consiglio” (leggo dal “Corriere della sera”) “ha insistito per avere come vicedirettori…eccetera eccetera.”. Guarda qua, fratello, mi sono portato due pezzettini di carta, calmati, ragiona, leggi. Sono due affermazioni di Berlusconi: “Alla Rai non sposterò nemmeno una pianta”. E quest’altra, ingiallita, del 30 Maggio 1994: “Mai mi occuperò di questioni televisive, per non dare l’impressione di voler favorire i miei affari.”
Ma che te lo dico a fare? Sei già uscito di casa, hai sbattuto la porta, gridi. Credi che io voglia “difendere Prodi” e -mentre cercavo di trattenerti- mi hai sbeffeggiato: «Guarda che ci fate un favore. Continuate così, e alle prossime elezioni avremo il 70 per cento!». Ed è proprio questo il maledettissimo punto. Come se ottenere il 70% dei consensi equivalesse, sic et simpliciter, a trovarsi per il 70% dalla parte del giusto, della ragione, della Storia. Te lo sei dimenticato che non è mai andata così? Sì, dimenticarvi le verità che collidono con il vostro credo vi viene spontaneo da sempre, come lavarvi i denti al mattino e alla sera.
Mio fratello non lo fermi più. È montato sulla Freccia Rossa col suo Capotreno, e la loro “democrazia ad altissima velocità” non tollera semafori o fermate.
Mio fratello è più vecchio di me, ma si è messo in testa di essere più giovane. Giorni fa, quando ho fondato il mio piccolo movimento di resistenza culturale, Gli Invisibili, mio fratello ha riso: «Invisibili? Bravi. Così non avremo neppure il problema di oscurarvi». Gli ho risposto “Appunto.”
Ma lui rideva, rideva e non mi ha sentito.

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Commento da mario catena su 3 Aprile 2009 a 18:31
bè viviana molto bello questo post! quello chè non mi fà ridere è chè lì c è una parte di verità, chiamatela come volete, però in tutto ciò io vedo soltanto un offesa alla nostra cultura, è i paggetti sono coltellate alla schiena di chì hà un pò di cervello è ama questo paese! non guardo il tg4, perchè hò rispetto per la mia cultura è per i miei neuroni! ottenere la maggioranza (chè poi non è nemmeno maggioranza, perchè sè non era per la lega col ciufolo chè vinceva, lo psiconano!). quello chè mi fà sentire peggio è il fatto chè il popolo italiano sembra abbia perso molte delle sue radici culturali,(dimenticate), è la storia che è molto più antica, di grandi democrazie universalmente riconosciute, tipo USA.(anchè sè non la vedo così personalmente!)
comunque bella nota, sè viene commentata significa chè in qualche modo hà colpito l'attenzione! ciao.
Commento da roberto p. su 3 Aprile 2009 a 18:09
Cara Viviana, le storielle come questa, una volta facevano ridere. Si, facevano ridere perchè erano parti di un barzellettiere, di una commedia di avanspettacolo o di qualche intrattenitore da osteria!!! perchè erano dette per far ridere in quanto in massima parte false!!!
Oggi no, oggi non fanno più ridere. E sai perchè?? perche sono vere, sono e rappresentano
il nostro paese che viene sbeffeggiato da nord a sud in tutto il mondo a causa di quel piccolo
uomo di nome Sivio che, al più tardi ieri, ci ha per l'ennesima volta ridicolizzati alla presenza dell'elite politica mondiale in casa della regina Elisabetta.
I suoi paggetti, Fede e Buonaiuti, ormai non fanno neanche più ridere perchè ci hanno abituato alle loro" scempiaggini "( mi ispiro a Cugia) e quindi non fanno più notizia, le loro parole volano via...
Ecco Viviana, il buon Cugia, che stimo e apprezzo per quel che ha fatto e farà, sono sicuro che quando scriveva quel testo era triste e non sorrideva affatto.

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