Negli Stati Uniti. Il presidente Barack Obama dichiara di avviare un pacchetto congiunturale anticrisi per 850 miliardi di dollari complessivi, di cui le energie rinnovabili costituiscono una parte importante del programma: raddoppiare nei prossimi tre anni la potenza delle centrali da fonti rinnovabili. Con la “Clean Energy Finance Initiative” Obama intende attrarre investimenti privati per un importo di 100 miliardi di dollari, soprattutto nel settore fotovoltaico ed eolico. Inoltre vuole avviare la ristrutturazione del 75% degli edifici pubblici per consentire ogni anno di risparmiare sui costi energetici 2 miliardi di dollari (fonte Photon Italia 2/2009). L’obiettivo dichiarato è, secondo le parole di Rhone Resch, della Solar Energy Industry Association (SEIA), e consigliere per l’energia e ambiente di Obama, “mettere fine entro 10 anni alla dipendenza energetica da Medioriente e Sudamerica; 10% di rinnovabili in 4 anni; taglio del 10% nell’uso dell’energia elettrica nei prossimi 15 anni”. A inizio dicembre, la SEIA ha reso pubblico un rapporto, “Solar Energy: A Blueprint for Job Creation and Economic Security”, in cui avanza una serie di proposte nell’ambito delle rinnovabili che dovrebbero, nelle intenzioni, creare 1 milione di posti di lavoro entro il 2011 (fonte FV gen-feb 2009). Un dato: nel solo anno 2008, durante la presidenza Bush che notoriamente non ha favorito il comparto delle energie rinnovabili essendo più focalizzato al settore petrolifero, nel territorio US sono stati installati impianti di generazione di energia eolica per un valore complessivo di 8,3 gigawatt.
Questa è la Green Economy.
Da il Sole24ore online: "Due grandi onde contrapposte. La prima di recessione mondiale. La seconda, positiva e ancora ben alta, di una ristrutturazione energetica centrata sulle nuove fonti rinnovabili, e che nel 2008 sembra aver preso velocità. I governi di Europa, Usa, Cina, Giappone (per citare solo i maggiori) puntano su questa «green economy» nascente come una delle carte cruciali nei loro pacchetti di stimolo antirecessivi. L'obiettivo, per tutti, è di sostenere un nuovo ciclo innovativo e di posti di lavoro, per il 2009 e il 2010, tale da alimentarsi da sé anche negli anni successivi”.
In Italia. Anche se in ritardo rispetto a Germania e Spagna, grazie agli incentivi definiti nel Decreto Ministeriale 19 Febbraio 2007 "Criteri e modalita' per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare", decretati dall’ultimo governo Prodi, in poco più di un anno, dall’inizio 2008 a metà febbraio 2009, la produzione di energia tramite impianti fotovoltaici è aumentata da 120 a 320 megawatt , con un incremento del 170%, e questo trend tende ad aumentare (fonte il Sole24ore inline) – questa è la Green Economy.
Nel febbraio 2009 l’attuale governo Berlusconi ha siglato un accordo con il governo francese, ed un protocollo di intesa tra l'italiana Enel e la francese Epr, con l'obiettivo di costruire 4 centrali nucleari di terza generazione da 1,6 Gw ciascuna nel territorio italiano, la prima da completare entro il 2020, al fine di arrivare al 2025 con una produzione da nucleare di 6,4 Gw ed al 2030 a coprire il 25% del fabbisogno nazionale con energia nucleare, in modo da limitare l'attuale debolezza di dipendenza alle sorgenti fossili.
Altro. E’ di questi giorni la volontà del governo, in una definizione di obiettivi e modalità non ancora consolidate né stabili (è di solo ieri la notizia del ritiro da parte del presidente Berlusconi della comunicazione inviata a Regioni, Provincie e Comuni), di consentire lavori di ristrutturazione non ordinaria per aumentare la superficie degli immobili del 30-40%. Questa iniziativa, nelle intenzioni del governo, dovrebbe attivare un indotto di investimenti privati e opere di edilizia che diano ossigeno e rilancino l’attuale economia stagnante, favorendo il ricircolo dei capitali e la creazione di posti di lavoro.
Questa è, a mio avviso, la Grey Economy, tutta italiana.
Grigia, come il plutonio delle centrali nucleari, come il cemento grezzo delle opere edili che prolificano dove le attività sono in deroga alle normative in vigore, dove i capitali stanziati sono esigui e l’impulso è generato dall’opportunità, da cogliere al momento perché non permanente.
Sulle centrali nucleari la mia posizione è lungi dall’essere ideologica. E’ altresì difficile stabilire oggi se sia stato un errore o meno da parte dell’Italia, la cui maggioranza del popolo sovrano, nel referendum del novembre 1987, ha deciso di non investire nel nucleare, esponendoci all’esterno per le fonti fossili e di energia primaria, e perdendo un know how nazionale di altissimo livello in quegli anni (non dimentichiamoci dell’eredità di Enrico Fermi). E’ anche vero che oggi, con un ragionamento scevro da ideologismi politici e con considerazioni puramente legate ai contenuti ed in particolare alla sicurezza (dalla dipendenza energetica alla sicurezza degli impianti), alla sostenibilità (longevità e fonte delle riserve sorgenti), all’impatto sull’ambiente (impatto degli impianti, gestione delle scorie), ai tempi di realizzazione tra l’avvio e la generazione (un anno per i campi eolici rispetto a 15 anni per un impianto nucleare di potenza paritetica), mi sarei aspettato un piano a più ampio respiro e più attuale, che tenda a privilegiare le tecnologie oggi più vantaggiose. Non ultima considerazione riguarda il costo: secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) il costo di 1 kWh di energia elettrica costa 6,13 cent/$ da nucleare, 4,96 cent/$ da gas, 5,34 cent/$ da carbone, 5,05 cent/$ da fonte eolica. Risultati analoghi sono stati presentati da studi della Chicago University e del Massachusetts Institute of Technology. Queste valutazioni economiche sono sottostimate perché non comprensive dei costi del decommissionamento degli impianti e del trattamento delle scorie radioattive di lungo periodo.
Alla luce delle scenario attuale, tenendo di tutti i fattori di contesto, ritengo fosse stato più opportuno ma soprattutto conveniente investire, per impianti di potenza, in primis in impianti eolici (come stanno facendo gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna, anche considerando che all’Italia non manca la risorsa primaria: il vento), con vantaggi in termini di costi impianto, costi esercizio, costi sorgente, gestione degli scarti, sicurezza, e anche e soprattutto tempi di realizzazione (vale la pena di ricordare gli 8,3 gigawatt di eolico installato in un anno, nel 2008, in US, a fronte dei 6,4 gigawatt da nucleare pianificati oggi in Italia, ch dovrebbero andare in erogazione nel 2030).
Ancora. Assistiamo oggi al “teatrino del mattone” (titolo di oggi su Repubblica), dove una poco convincente e superficiale proposta inviata a Comuni, Provincie e Regioni viene sconfessata dal suo promotore, a fronte di una generale disapprovazione politica e popolare. Comunque venga successivamente circoscritta e definita, mi sembra una iniziativa che non crea reale valore o maggiore benessere. Il valore della casa probabilmente non aumenterà a fronte di un aumento di metratura, piuttosto subirà effetti deflazionistici al termine dell’operazione, anche dovuto ad un probabile degrado del territorio. Il problema della prima casa per i più giovani non verrà minimamente migliorato.
Diversamente, con una proposta più attuale, che definisse il quadro generale normativo dove ogni Regione e Provincia, ma soprattutto ogni Comune possa identificare aree edificabili, ove incentivare la creazione di cooperative che possano utilizzare le più recenti tecnologie costruttive in materiali meno invasivi e più economici, come avviene già in altri paesi quali US e Germania, questo potrebbe favorire investimenti di capitali privati, senz’altro e di gran lunga meno ingenti del costo attuale delle abitazioni, che, oltre ad avviare un indotto tra le forniture di materiali e attività, e favorire l’economia, potrebbe essere un passo significativo per mitigare il problema della prima casa.
Ma forse tutto questo è una ipotesi troppo “green”…
Roma, 25 Marzo 2009
Angelo Pignatelli
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